Dossier Agenda 2030/ Il Mondo disuguale (18)

    Questo dossier fa parte degli approfondimenti dedicati all’Agenda 2030 e analizza il target 10: ridurre le disuguaglianze.

    La disuguaglianza e il conflitto sono strettamente collegati. In questo dossier analizziamo il rapporto redatto da Oxfam dal titolo “Time to care – Avere cura di noi“, uscito il 20 gennaio alla vigilia del meeting annuale del World Economic Forum di Davos, in Svizzera, che ogni anno accoglie politici e personalità di spicco.

    Nel suo rapporto annuale la ong britannica sostiene che “elevate e crescenti disuguaglianze, che mettono a repentaglio i progressi nella lotta alla povertà, minano la coesione e la mobilità sociale, alimentano un profondo senso di ingiustizia e insicurezza, generano rancore e aumentano in molti contesti nazionali l’appeal di proposte politiche populiste o estremiste”.

    L’attenzione di Oxfam quest’anno è stata rivolta particolarmente agli effetti della disuguaglianza globale sulle donne.

     

    Denaro e non lavoro

    Le stime riportate da Oxfam dicono che un terzo della ricchezza dei miliardari è frutto di eredità, rilevando che “tale processo ereditario ha creato una nuova aristocrazia che mina le fondamenta democratiche delle nostre società”.

    Secondo il sistema finanziario-economico attuale una volta consolidate, le fortune dei super-ricchi si moltiplicano da sole grazie ad investimenti finanziari. Secondo la ong una delle ragioni dei rendimenti fuori misura è il crollo dell’imposizione fiscale sulla ricchezza e sugli utili d’impresa, derivante dalla riduzione delle aliquote impositive e da deliberati abusi fiscali.

    Il rapporto ricorda poi che solo il 4% del gettito fiscale globale deriva dalle imposte sul patrimonio e che i super-ricchi eludono fino al 30% delle imposte a proprio carico. Le imposte sui redditi societari sono inoltre estremamente basse: tra il 2011 e il 2017, mentre i salari medi nei paesi del G7 aumentavano del 3%, i dividendi degli azionisti sono cresciuti del 31%.

    Il lavoro di cura

    In tutto il mondo il lavoro di cura non retribuito e sottopagato è svolto in modo preponderante da donne e ragazze povere. Le donne prestano più di tre quarti dell’assistenza non retribuita e due terzi di quella retribuita.

    Oltre a svolgere gratuitamente il lavoro di cura a domicilio, molte donne povere lavorano anche per fornire aiuto ad altri, per esempio come collaboratrici domestiche. Le collaboratrici domestiche costituiscono una delle categorie più sfruttate al mondo: solo il 10% è tutelato dalle leggi sul lavoro nella stessa misura degli altri lavoratori e appena la metà gode di pari tutela del salario minimo.

    Sempre secondo il dossier Oxfam, più della metà di tutti i lavoratori domestici non ha limiti di orario di lavoro stabiliti da normative nazionali e nei casi più estremi si rilevano situazioni di lavoro forzato e di tratta: le lavoratrici e i lavoratori domestici si trovano intrappolati nelle case dei datori di lavoro i quali controllano ogni aspetto della loro vita. Si stima che, a livello globale, i 3,4 milioni di lavoratori domestici costretti al lavoro forzato vengano derubati di 8miliardi di dollari all’anno, pari al 60% del salario che gli spetterebbe.

    A causa dell’ingente mole di lavoro le donne e ragazze hanno poco tempo per sé e di conseguenza per partecipare ad attività sociali e politiche. In Bolivia, ad esempio, il 42% delle donne afferma che il lavoro di cura è il maggiore ostacolo alla loro partecipazione politica.

    Il lavoro di cura ha, e nel tempo avrà, sempre maggiore importanza: il mondo sta affrontando infatti una crisi assistenziale dovuta agli effetti dell’invecchiamento della popolazione (l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha stimato che entro il 2030 ci saranno 100milioni di anziani e  100milioni di bambini dai 6 ai 14 anni che avranno bisogno di assistenza), ai tagli ai servizi pubblici e ai sistemi di tutela sociale e agli effetti del cambiamento climatico. La crisi climatica sta già imponendo alle donne carichi ancora più gravosi. Si stima che entro il 2025 fino a 2,4miliardi di persone vivranno in aree prive di acqua a sufficienza, il che significa che donne e ragazze saranno costrette a camminare sempre di più per trovarla. I cambiamenti climatici ridurranno anche la quantità di cibo prodotto e aumenteranno le malattie: ciò comporterà maggiore stress e richiederà ancora più tempo alle donne e alle ragazze, che dovranno fornire l’ulteriore lavoro necessario per far fronte alla situazione e dedicarvi un maggior numero di ore.

    Chi fa cosa
    Misurare il divario di ricchezza

    Per documentare la disuguaglianza economica globale, Oxfam si concentra principalmente sulla disuguaglianza di ricchezza. Per raccogliere i dati la ong si affida alle conclusioni del Global Wealth Report di Credit Suisse che, secondo Oxfam “rappresenta ad oggi il tentativo di stima e analisi più puntuale sulla distribuzione della ricchezza global , nonostante le limitazioni legate alla scarsa qualità di molti dataset nazionali”.

    Nel suo rapporto la ong rileva però la difficoltà nel reperire informazioni, dal momento che i dati utilizzati da Credit Suisse e da altri soggetti per stimare la ricchezza ne sottovalutino sistematicamente l’entità.

    Secondo Oxfam, la maggior parte dei leader mondiali continua a perseguire programmi politici che ampliano ancora di più il divario tra chi ha e chi non ha. Tra queste le politiche del presidente Trump negli Stati Uniti e di Bolsonaro in Brasile sono la prova di questa tendenza: tagli fiscali a favore dei miliardari, ostacoli alle misure finalizzate ad affrontare l’emergenza climatica, fomento del razzismo, del sessismo e dell’odio per le minoranze.

    “Di fronte a leader come questi – scrive Oxfam – ovunque le persone si mobilitano per dire che quando è troppo è troppo. Dal Cile alla Germania, le proteste contro la disuguaglianza e il caos climatico radunano folle enormi. Milioni di persone scendono in strada e rischiano la vita per chiedere la fine delle disuguaglianze estreme e un mondo più giusto e più verde”.

    Focus 1
    Disuguaglianza e sessismo

    La disuguaglianza economica si intreccia con la disuguaglianza di genere. A livello mondiale gli uomini possiedono il 50% di ricchezza in più rispetto alle donne. Gli uomini predominano anche nelle posizioni di potere politico ed economico: nel mondo solo il 18% dei ministri e il 24% dei parlamentari sono donne. Si stima che le donne occupino il 34% delle posizioni manageriali nei Paesi per cui i dati sono disponibili.

    Nel mondo le donne impiegano 12,5miliardi di ore in lavoro di cura non retribuito ogni giorno: un contributo all’economia globale da circa 10,8 trilioni di dollari all’anno, ovvero tre volte il valore del mercato globale di beni e servizi tecnologici. Su questo punto il rapporto sottolinea che “Seppur enorme, questa cifra è una stima per difetto: in virtù dei dati disponibili utilizza il salario minimo e non un salario dignitoso, oltre a non tenere conto del più ampio valore che il lavoro di cura riveste per la società e di come la nostra economia si fermerebbe senza questo sostegno. Se fosse possibile quantificare tale supporto, il valore totale del lavoro di cura non retribuito sarebbe ancora più alto. Una cosa è certa: il lavoro non retribuito alimenta un sistema economico sessista che prende da molti ma mette denaro nelle tasche di pochi”.

    Il 42% delle donne non può lavorare perché deve farsi carico della cura di familiari come anziani, bambini, disabili, mentre solo il 6% degli uomini si trova nella medesima situazione. Le donne sono spesso sotto pagate, prive di sussidi, con orari di lavoro irregolari e carichi psico-fisici debilitanti.

    Per tutte queste ragioni il rapporto Oxfam rileva che “l’estrema ricchezza di oggi si fonda anche sul sessismo. Il nostro sistema economico è stato costruito da uomini ricchi e potenti che continuano a dettare le regole e a fare la parte del leone nella spartizione dei profitti”.

    Focus 2
    I maxi miliardari

    Nel 2019, 2.153 miliardari nominati dalla lista redatta da Forbes possedevano più ricchezza di 4,6 miliardi di persone (ovvero circa il 60% della popolazione mondiale), mentre i 22 uomini più ricchi del mondo avevano più ricchezza di tutte le donne africane. L’1% più ricco, sotto il profilo patrimoniale, deteneva a metà 2019 più del doppio della ricchezza netta posseduta da 6,9 miliardi di persone.

    Qualcosa tra i super ricchi sta però cambiando. Forbes rileva che nel 2019: in totale, gli ultra-ricchi valgono 8,7trilioni di dollari, in calo di 400miliardi rispetto al 2018. Complessivamente l’11% dei membri dell’elenco dello scorso anno (247 persone) è uscito dalla classifica.

    L’area Asia-Pacifico è stata la più colpita: il calo è stato guidato dalla Cina, che ha 49 miliardari in meno rispetto a un anno fa. Anche l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa hanno perso terreno. Le Americhe, guidate da un risorgente Brasile, e gli Stati Uniti sono invece le uniche due regioni che hanno più miliardari di un anno fa. Gli Stati Uniti raggiungono un nuovo record, ospitando 14 dei 20 più ricchi del mondo. Jeff Bezos è di nuovo il numero 1 al mondo, seguito da Bill Gates al numero 2.

    Nella classifica 2019 si rilevano poi 195 nuovi arrivati. Il nuovo arrivato più ricco è Colin Huang, il fondatore del rivenditore cinese di sconti Pinduoduo. Altri importanti nuovi concorrenti sono Daniel Ek e Martin Lorentzon di Spotify; James Monsees e Adam Bowen di Juul Labs, Daniel Lubetzky del Kind Bar e la prodigiosa cosmetica Kylie Jenner, che, a 21 anni, è il miliardario più giovane del mondo.

    L’altra faccia della medaglia di queste enormi ricchezze arriva dalle nuove stime della Banca Mondiale che rivelano che quasi la metà della popolazione mondiale vive con meno di 5,50 dollari al giorno e che dal 2013 al 2020 il tasso di riduzione della povertà si è dimezzato. Per molte persone è sufficiente una prestazione ospedaliera imprevista o un raccolto fallito per cadere nell’indigenza.

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