Dossier Agenda 2030/ Il Pianeta in fuga (6)

    Questo dossier fa parte degli approfondimenti dedicati all’Agenda 2030 e analizza il Target 1: sconfiggere la povertà.

    a cura di Alice Pistolesi

    Nel 2018, Il numero di persone in fuga da guerre, persecuzioni e conflitti ha raggiunto i 70,8 milioni: il più alto mai registrato dall’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, in quasi 70 anni di attività. La cifra corrisponde al doppio di quella di 20 anni fa, con 2,3 milioni di persone in più rispetto all’anno precedente, e corrisponde ad una popolazione di dimensione compresa fra quelle di Thailandia e Turchia.

    Nel dossier analizzeremo alcuni tratti del rapporto annuale dell’Alto Commissariato ‘Global Trends’ concentrandosi sui tre gruppi che compongono il totale: i rifugiati, i richiedenti asilo e gli sfollati.

    A corollario, poi, si analizza il rapporto ‘Viaggi disperati’, redatto dall’Agenzia Onu nel gennaio 208 e che fornisce una panoramica sugli arrivi in Europa attraverso la rotta più pericolosa del Mondo: il mar Mediterraneo.

    Quanti sfollati

    Gli sfollati in aree interne al proprio Paese di origine (Internally Displaced People/idp) sono 41,3 milioni di persone, in aumento (1,3 milioni in più) rispetto al 2017 e il numero più grande mai registrato. Gli sfollati fuggono a causa del conflitto armato, della violenza generalizzata e delle violazioni dei diritti umani.

    La Colombia, secondo le statistiche del governo, ha registrato il maggior numero di sfollati interni con 7,8 milioni alla fine del 2018, in aumento di 118.200 persone rispetto all’anno precedente. Al secondo posto resta la Siria con 256.700 nuovi sfollati che hanno portato la popolazione sfollata a 2 milioni, di cui più della metà nel Governatorato di Idlib.

    Anche la popolazione di sfollati interni nella Repubblica Democratica del Congo ha continuato a crescere, passando da 4 milioni della fine del 2017 a 5 milioni alla fine del 2018.
    Anche la Somalia ha registrato un aumento del 25 per cento degli sfollati interni con 602.700 nuovi sfollati nel 2018, portando così la popolazione sfollata a 2,6 milioni.

    Sfollati in aumento anche in Etiopia (da 1,1 milioni all’inizio del 2018 a 2,6 milioni alla fine dell’anno) e in Nigeria del 27 per cento, dove i 176.200 ritorni non sono riusciti a bilanciare i 581.700 nuovi spostamenti. Nello Yemen la popolazione sfollata ha raggiunto il milione di persone alla fine del 2018 e ci sono stati 264.300 nuovi spostamenti e 133.600 ritorni.

    In Afghanistan la popolazione di sfollati interni si è attestata a 2,1 milioni, rispetto a 1,8 milioni alla fine del 2017: con due terzi della popolazione che vive in aree direttamente colpite dal conflitto, il movimento della popolazione è diventato una caratteristica permanente.

    Nel Sudan del Sud il numero di sfollati interni è rimasto elevato (intorno a 1,9 milioni) sebbene sia in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente, anche grazie al processo di Pace.

    Viaggi disperati

    Per completare il quadro fornito dai Global Trends è opportuno citare un un altro rapporto a cura di Unhcr, uscito nel gennaio 2019. Secondo l’analisi di ‘Viaggi disperati’ nel 2018 sei persone al giorno sono morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo.

    Secondo l’Alto Commissariato Onu i tagli alle operazioni di ricerca e soccorso hanno consolidato la posizione di questa rotta marittima come la più letale al mondo. Lungo le rotte dalla Libia all’Europa, una persona ogni 14 ha perso la vita in mare, e altre migliaia di persone sono state ricondotte in Libia, dove hanno dovuto affrontare condizioni terribili nei centri di detenzione. Per molti, infatti, arrivare in Europa significa concludere un viaggio da incubo durante il quale sono stati esposti a torture, stupri e aggressioni sessuali, e alla minaccia di essere rapiti e sequestrati a scopo d’estorsione.

    Si stima che 2.275 persone sarebbero morte o disperse durante la traversata del Mediterraneo, nonostante il forte calo degli arrivi: in totale, sono arrivati nel 2018 139.300 rifugiati e migranti in Europa, il numero più basso degli ultimi cinque anni.

    Il rapporto rivela poi i cambiamenti significativi nelle rotte seguite dai rifugiati e dai migranti. Per la prima volta in anni recenti, è stata la Spagna il principale punto d’ingresso in Europa con circa 6.800 persone arrivate via terra (attraverso le enclavi di Ceuta e Melilla) e altre 58.600 in seguito alla pericolosa traversata del Mediterraneo occidentale. Il bilancio delle vittime nel Mediterraneo Occidentale è quasi quadruplicato: da 202 decessi nel 2017 a 777 nell’anno successivo.

    Circa 23.400 rifugiati e migranti sono arrivati in Italia nel 2018: cinque volte meno rispetto all’anno precedente. Per la Grecia sono rimasti stabili gli arrivi via mare con circa 32.500 persone rispetto alle 30mila del 2017, ma sono aumentate di quasi tre volte coloro che sono arrivati attraverso il confine terrestre con la Turchia.

    Circa 24mila rifugiati e migranti sono poi arrivati in Bosnia-Erzegovina, in transito attraverso i Balcani Occidentali e a Cipro sono arrivate diverse imbarcazioni di siriani salpate dal Libano. Infine un numero limitato di persone ha tentato di raggiungere il Regno Unito via mare dalla Francia verso la fine dell’anno.

    Chi fa cosa
    Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati

    Filippo Grandi è dal 2016 l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). Dal 2010 al 2014 ha ricoperto la carica di Commissario Generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (Unrwa, United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East).

    Grandi entrò nell’Unhcr nel 1988 ed ha lavorato in molti paesi, tra cui Sudan, Siria, Turchia, Iraq  e ha diretto operazioni di emergenza in Kenya, Benin, Ghana, Liberia, Repubblica Centrafricana, Yemen e Afghanistan. Tra il 1996 e il 1997, è stato Coordinatore delle attività umanitarie nella Repubblica Democratica del Congo durante la guerra civile e nel 1994 ha lavorato a Goma per la crisi dei Grandi Laghi causata dal genocidio del Ruanda.

    Filippo Grandi ha commentato il rapporto Global Trends 2018 sottolineando come, nella drammaticità dei dati, ci siano anche lati positivi: “Se da un lato il linguaggio utilizzato per parlare di rifugiati e migranti tende spesso a dividere, dall’altro, allo stesso tempo, stiamo assistendo a manifestazioni di generosità e solidarietà, specialmente da parte di quelle stesse comunità che accolgono un numero elevato di rifugiati. Stiamo inoltre assistendo a un coinvolgimento senza precedenti di nuovi attori, fra cui quelli impegnati per lo sviluppo, le aziende private e i singoli individui, che non soltanto riflette ma mette anche in pratica lo spirito del Global Compact sui Rifugiati. Dobbiamo ripartire da questi esempi positivi ed esprimere solidarietà ancora maggiore nei confronti delle diverse migliaia di persone innocenti costrette ogni giorno ad abbandonare le proprie case”.

    Focus 1
    Global trends 2018

    Il rapporto Unhcr rileva alcuni tratti distintivi sulla situazione globale dei rifugiati nel 2018. Eccoli di seguito. Nell’anno in esame una persona ogni 108 era rifugiata, richiedente asilo o sfollata: 10 anni prima la proporzione era di 1 su 160.

    Un rifugiato su due era minore, molti (111mila) erano soli e senza famiglia: l’Uganda ha registrato 2.800 bambini rifugiati di età pari o inferiore a cinque anni, soli o separati dalla propria famiglia. È più probabile che un rifugiato viva in paese o in città (61 per cento) che in aree rurali o in un campo rifugiati.

    I Global trends sfatano poi il mito dell’accoglienza: i Paesi ad alto reddito accolgono mediamente 2,7 rifugiati ogni mille abitanti, i Paesi a reddito medio e medio-basso ne accolgono in media 5,8 mentre sono i Paesi più poveri ad accogliere un terzo di tutti i rifugiati su scala mondiale. Circa l’80 per cento dei rifugiati, infatti, vive in Paesi confinanti con i Paesi di origine.

    Quasi 4 rifugiati su 5 hanno vissuto da rifugiati almeno per cinque anni e un rifugiato su 5 è rimasto in tale condizione per almeno 20 anni. Nel 2018 il numero più elevato di nuove domande d’asilo è stato presentato da venezuelani (341.800).

     

    Focus 2
    Quanti rifugiati e richiedenti asilo

    Nel 2018 il numero di rifugiati ha raggiunto 25,9 milioni, 500mila in più rispetto al 2017. Compresi nel totale ci sono anche i 5,5 milioni di rifugiati palestinesi che ricadono sotto il mandato dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (United Nations Relief and Works Agency/Unrwa).

    Nei 70 milioni totali c’è poi il gruppo composto dai richiedenti asilo, persone che si trovano al di fuori del proprio Paese di origine e che attendono l’esito della domanda di asilo. Alla fine del 2018 il numero di richiedenti asilo nel mondo era di 3,5 milioni.

    Il rapporto Unhcr rileva però che in particolare questo dato sia sottostimato rispetto alla realtà a causa dell’esodo dei venezuelani. Dei circa 4 milioni di persone in fuga, secondo i dati dei paesi che li hanno accolti, ad oggi solo circa mezzo milione di queste ha presentato formalmente domanda di asilo.

    La crisi del Venezuela è stata definita dall’Alto Commissariato come uno degli esodi forzati recenti di più vasta portata a livello mondiale. La soluzione migliore per qualunque rifugiato è fare ritorno nel proprio Paese volontariamente, in condizioni sicure e dignitose. Purtroppo però questo scenario è ben lontano dalla realtà. Nel 2018 solo 92mila rifugiati sono stati reinsediati, meno del 7 per cento di quelli che si trovano in attesa. Circa 593.800 rifugiati hanno potuto fare ritorno nel proprio Paese, mentre 62.600 hanno acquisito una nuova cittadinanza per naturalizzazione.

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